Mentre agli inizi della carriera professionale il titolo di studio ha un peso significativo nella scelta dei candidati da parte dell’azienda selezionatrice, con il procedere della carriera il possesso di un determinato titolo di studio conta sempre di meno, diventando quasi ininfluente.
Questo è quanto emerge, oltre che dalla comune esperienza, da un’indagine di Hays, società di recruiting, condotta in Italia su un campione di 2.500 professionisti. In fase di selezione del personale, nel 90% dei casi la laurea non viene neppure presa in considerazione.
Secondo la ricerca Hays, quello che conta davvero per il selezionatore è l’esperienza maturata (90,3%), mentre il titolo accademico viene considerato importante da meno del 10% degli intervistati. Oggi, i requisiti ritenuti più importanti dai selezionatori sono: il know how, la capacità di problem solving, la capacità di lavorare in team, l’onestà, l’affidabilità e la flessibilità. Sempre più importante e la conoscenza delle lingue, richiesta dal 76,6% delle aziende. Oltre all’inglese, meglio se si conosce una seconda lingua, preferibilmente il francese, il tedesco, lo spagnolo, il portoghese o il cinese.
Va posto l’accento su come, sempre più spesso, i percorsi di carriera portino a occupare posti di responsabilità che non corrispondono necessariamente con gli studi fatti. Non è raro il caso, ad esempio, di ingegneri chiamati a dirigere l’area delle risorse umane, in teoria più appropriata per chi ha svolto studi umanistici o magari in psicologia.