Il datore di lavoro può tentare di limitare le conseguenze dannose dello sciopero sostituendo i lavoratori in sciopero con i lavoratori in servizio.
In caso di sciopero, la condotta del datore di lavoro che cerchi di limitarne le conseguenze dannose per l’attività aziendale adibendo il personale rimasto in servizio alle mansioni dei lavoratori scioperanti, non costituisce attività antisindacale.
Questo è quanto confermato dalla sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15782 del 19 luglio 2011.
Secondo la Corte è possibile anche fare ricorso a lavoratori di qualifica superiore, dal momento che l’assegnazione di un lavoratore a mansioni inferiori disposta eccezionalmente, per specifiche e obiettive esigenze aziendali, non determina la violazione dell’art. 2103 c.c..
Nel caso di specie, il comportamento del datore di lavoro era stato considerato antisindacale dai giudici di merito, sulla base del rilievo che iniziative volte a contrastare l’esercizio del diritto di sciopero neutralizzando l’effetto negativo dell’astensione, potessero essere adottate soltanto in situazioni eccezionali e di emergenza, tali da minacciare la sicurezza di persone o cose o compromettere gravemente l’operatività dell’impresa.
Secondo la Cassazione, non può negarsi che la sostituzione del personale scioperante con personale rimasto in servizio renda meno efficace l’astensione, tuttavia, non si può imporre al datore di lavoro di “accettare supinamente tutte le conseguenze lesive” derivanti dall’agitazione.
Da qui il principio secondo cui, in relazione ad uno sciopero indetto dai lavoratori, il comportamento antisindacale del datore di lavoro è configurabile soltanto allorché il contingente affidamento delle mansioni svolte dai lavoratori in sciopero al personale estraneo allo stesso, avvenga in violazione di una norma di legge o del contratto collettivo.