Il potere disciplinare del datore di lavoro, al pari di tutti i comportamenti negoziali, soggiace ai principi di correttezza e buona fede, e deve essere quindi esercitato in modo da non ingenerare equivoci nel lavoratore destinatario della contestazione; è da considerarsi di conseguenza illegittimo il licenziamento derivato da un procedimento disciplinare gestito violando tali principi.
Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21485 del 18 ottobre 2011.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello, confermando quanto deciso in primo grado, ha ritenuto illegittimo il comportamento di un datore di lavoro che aveva proceduto al licenziamento di un dipendente senza dare seguito alla richiesta di quest’ultimo di un rinvio della convocazione prevista da comma 2 dell’art. 7 della L. 300/1970, per dare la possibilità di esporre le proprie difese in merito alla contestazione disciplinare ricevuta.
In quell’occasione, risultavano decisivi anche i tempi ristretti determinati dalla convocazione pervenuta in data 3 dicembre per la mattina del 5 dicembre o per il successivo giorno 6, mentre il lavoratore aveva invano richiesto un rinvio alla data successiva del 13 dicembre, in considerazione di un ponte festivo nei giorni precedenti.
Contro la decisione della Corte d’Appello, il datore ricorre per cassazione. Entrando nello specifico, la società afferma di aver agito correttamente in linea con quanto disposto dall’art. 7 della L. n. 300/1970, poiché ha provveduto alla convocazione del lavoratore indicando due date a scelta.
Per la Cassazione, il motivo proposto dal datore di lavoro è privo di fondamento poiché si presuppone che il potere disciplinare, al pari di tutti i comportamenti negoziali, sia sottoposto ai principi di correttezza e buona fede, e quindi esercitato con modalità tali da non ingenerare equivoci nel dipendente destinatario della contestazione.
Quindi, per la Corte di Cassazione, i giudici di merito hanno deciso in modo logico e congruo, peraltro non censurabile in sede di legittimità, ritenendo non corretto e in buona fede il comportamento del datore di lavoro.