Un’indagine realizzata nel Regno Unito su quasi mezzo milione di dipendenti, ha provato come i licenziamenti siano un virus sfiancante che resta dentro e rischia di ammalare. I lavoratori sopravvissuti ai tagli, mostrano tutti i parametri ai minimi: il 67 per cento ha il morale a pezzi e il 53 per cento confessa di ritrovarsi con motivazioni e stimoli ai minimi storici. A tutto ciò, come se non bastasse, si deve aggiungere che il 65 per cento va incontro a periodiche manifestazioni di stress e sempre più giorni di malattia.
Il sopravvissuto, dicono gli esperti di organizzazione aziendale, per prima cosa mostra una costante erosione di fiducia nel management, perché ha la convinzione che non sono state prese tutte le misure utili a evitare i tagli.
In tutto il pianeta, riporta un’indagine globale realizzata da Mercer, multinazionale di consulenza aziendale, la metà delle imprese fa i conti con dipendenti che nutrono serie preoccupazioni per la sicurezza del proprio posto di lavoro. Da noi le cose vanno ancora peggio. Secondo l’ultima indagine realizzata da GI Group, solo un italiano su tre ha fiducia nella propria situazione del lavoro.
In queste situazioni diventa anche difficile capire il da farsi. Secondo l’ultima indagine realizzata dalla Galaxy Research per Kelly Services, la multinazionale di servizi per le risorse umane, il 78 per cento degli italiani intende cambiare posto di lavoro nei prossimi dodici mesi.
Secondo gli autori dell’indagine pubblicata sull’IRS Employment Review, i modi per limitare gli effetti negativi della sindrome del sopravvissuto, sono legati alla condivisione dei programmi e delle soluzioni. Il management dell’impresa, se vuole evitare la disfatta dei sopravvissuti, deve coinvolgere i dipendenti nei programmi di cambiamento e dare maggiore peso proprio a quegli esercizi che favoriscono il coinvolgimento dei dipendenti.