Nel suo ultimo libro, “Lavoro e vita emotiva” (Franco Angeli Editore), Bruno Rossi spiega che le realtà lavorative sono inevitabilmente influenzate dall’emotività delle persone che ne fanno parte. Secondo l’autore, lo stato d’animo del lavoratore influisce in modo sostanziale sulla produttività aziendale. “La vita organizzativa è una vita emozionata ed emozionante perché nel lavoro non solo ‘si fa’ ma ‘si sta’, si abita un contesto, con tutti i problemi di convivenza che possono riversarsi sull’efficacia e sull’efficienza della produttività”.
Secondo Rossi l’emotività può essere utilizzata per ottenere vantaggi sia da parte del personale che per l’azienda. In che modo, Rossi lo spiega a partire dal sottotitolo del libro: “Ho elaborato delle proposte formative per far guadagnare al management e ai dipendenti le competenze socio-emotive finalizzate allo star bene e ho la convinzione che questo abbia una ricaduta anche a livello organizzativo sulla produttività aziendale”.
Le prime indicazioni che Rossi offre per favorire il benessere aziendale sono per i dirigenti: “Innanzitutto il dirigente dovrà considerare i propri dipendenti non come una spesa o come uno strumento, ma come una risorsa: tra le competenze alle quali i lavoratori devono essere formati non ci sono solo i saperi ‘tecnici’, ma anche le abilità emotive e interpersonali, in particolare la capacità di saper modulare le proprie emozioni nel rapporto con gli altri”.
Se il dirigente deve trasformarsi in un “leader emotivo”, disponibile all’ascolto dei propri collaboratori, anche l’organizzazione aziendale dovrà essere rivista, favorendo il passaggio dall’”impresa-macchina” alla “living company”, intesa come una comunità dove le strategie di management includono anche l’etica.
“Si tratta di abbassare il livello di verticalità dei rapporti, chiamare i lavoratori a co-decidere e progettare insieme, per quanto possibile, farli sentire importanti e affidare loro delle responsabilità. Si tratta anche di spendere per loro, non facendoli sentire un costo ma una risorsa su cui investire”.
La formazione alla vita emotiva, scrive Rossi, “deve essere continuativa, non a spot… ma bisogna prestare molta attenzione all’organismo di formazione a cui ci si rivolge, e diffidare soprattutto di chi porta in azienda pacchetti preconfezionati”.