Il datore di lavoro può sanzionare, entro limiti definiti, la mancanza di diligenza e gli inadempimenti del dipendente rispetto agli obblighi contrattuali, ma deve osservare alcuni criteri che attengono al merito e alla procedura da seguire.
Le sanzioni sono stabilite dalla legge e devono essere proporzionali all’infrazione. Lo spettro delle misure sanzionatorie comprende quelle più leggere quali il richiamo verbale e l’ammonizione scritta, per passare gradatamente a quelle più gravi quali la multa, la sospensione e il licenziamento disciplinare.
La scelta della sanzione da applicare non è rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro ma deve essere conforme ai principi di adeguatezza e proporzionalità. Nella valutazione di tale caratteristica, dunque, l’esercizio del potere disciplinare dovrà essere necessariamente commisurato all’infrazione commessa dal dipendente.
In caso di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità fra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali. Spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva non sulla base di una valutazione astratta del fatto addebitato, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda processuale.