In “Workaholic, dipendenza da lavoro: come curarla” un libro di Cesare Guerreschi (edito da Guerini e associati) sono riportate le testimonianze di chi è diventato lavoro dipendente, un fenomeno che sembra interessare un lavoratore su quattro
Stati ansiosi, mal di testa, disturbi gastrointestinali, comportamenti ossessivi e compulsivi, sono alcuni tra i sintomi più frequenti del workaholism, la dipendenza di cui è vittima il workaholic, letteralmente “l’alcolizzato da lavoro”.
Guarire è possibile, anche se “parlare di guarigione nel caso del workaholism, così come in tutte le altre dipendenze, è scientificamente scorretto. L’obiettivo delle terapie è quello della sospensione della malattia, della disattivazione del comportamento patologico e di una rieducazione rispetto al lavoro”.
Nelle storie degli alcolizzati da lavoro ci sono degli elementi ricorrenti. L’alcolizzato da lavoro si sente depresso se non lavora, si impegna oltre le sue possibilità, durante il fine settimana porta il lavoro a casa, è competitivo in ogni occasione, tende a non assentarsi mai dal lavoro né per malattia né per altre necessità, lega la sua autostima al successo nel lavoro ed è spesso assalito da ansie relative a insuccessi o errori.
“La dipendenza è il frutto della società di oggi – spiega Guerreschi – che poggia le sue fondamenta sull’etica del lavoro, e vede coloro che si dedicano con grande energia ad esso come persone dotate di una grande virtù. Quindi eccellere nella propria attività lavorativa, diventa oggi lo strumento privilegiato per poter colmare le proprie insicurezze. Ma il workaholism è un problema di salute mentale, e non una virtù”.