I congedi familiari per gli uomini sono ancora poco praticati nelle imprese italiane.
Questo è quanto emerge da una ricerca condotta da Adecco. A dieci anni dalla sua introduzione, quindi, il congedo per i papà rimane un diritto poco praticato.
I più attenti sono gli operai (20%) e gli impiegati (15%), mentre solo il 3% dei quadri ha fatto richiesta di permessi per accudire ai bambini e addirittura nessuna domanda è partita dai dirigenti.
L’indagine ha confermato, altresì, come congedi e permessi retribuiti per motivi familiari continuino a essere richiesti principalmente da donne.
Innanzitutto bisogna distinguere tra congedi di paternità e congedi parentali.
Gli uomini possono richiedere il congedo di paternità dopo la nascita del figlio e fino ai tre mesi di età del bimbo, per un periodo coincidente con il congedo di maternità non fruito, in tutto o in parte, dalla madre. Questo congedo, che è indennizzato in misura pari all’80% dell’ultima retribuzione giornaliera, viene concesso solo in alcuni casi: morte o grave infermità della madre, abbandono del bambino da parte della madre, affidamento esclusivo al padre o rinuncia espressa della madre che ha diritto al congedo di maternità possibile nel solo caso di adozione o affidamento. In tutti questi casi, al padre sono estesi gli stessi diritti previsti per la mamma lavoratrice.
Il congedo parentale è invece quel periodo nel quale la lavoratrice o il lavoratore dipendente possono astenersi dal lavoro. Terminato il periodo di congedo di maternità, entrambi i genitori possono richiedere il congedo parentale per una durata massima di sei mesi durante i primi otto anni di vita del bambino. Per ottenere il congedo parentale bisogna presentare domanda sia al datore di lavoro sia all’Inps. Durante il congedo parentale si ha diritto a una retribuzione pari al 30% dello stipendio per un periodo massimo complessivo di sei mesi entro i primi tre anni del bambino o entro i primi otto anni, se si percepisce un reddito annuo inferiore agli 11.395 euro.