Che cosa succede se la dipendente si rifiuta di sottoscrivere la lettera di dimissioni e il datore di lavoro le minaccia un trattamento sistematicamente vessatorio pronunciando al suo indirizzo espressioni come “sei una vergognosa” e “ti farò schiattare”.
Sulla questione si è pronunciata la quinta sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 22816 dell’8 giugno 2011, relativamente alla rilevanza penale di tali espressioni.
La Corte ha precisato, semmai ce ne fosse bisogno, che, in difformità da quanto sostenuto dal datore di lavoro a dire del quale l’espressione utilizzata non poteva costituire reato di minaccia visto il significato incerto del verbo schiattare, “l’espressione «ti farò schiattare» non solo è di uso comune ma è riportata su tutti i dizionari della lingua italiana con l’inequivoco significato «ti farò crepare»”.
La Cassazione ha pertanto confermato la condanna per minacce del datore di lavoro, un 53enne di Roma, ritenendo fondate le prove presentate dall’impiegata, che consistevano in un foglio spiegazzato sul quale era stata scritta una lettera di dimissioni non sottoscritta e la testimonianza di una collega che aveva assistito all’animata discussione col datore di lavoro. Il datore di lavoro è stato condannato anche per ingiurie per aver rimproverato l’impiegata con l’espressione “sei una vergognosa”.